Più informazione sulle minacce ai giornalisti
Le proposte del direttore di Ossigeno al convegno sull’impunità del 25 ottobre 2019 al Senato: più solidarietà, ruolo più attivo dei media e notizie più contestualizzate
“Dal 2006 al 2018 sono stati uccisi 1109. Quelli minacciati sono stati molti di più e sono stati cronisti che hanno fatto lo stesso lavoro: dare notizie di interesse pubblico, spesso sgradite ai potenti, ai criminali, ai corrotti che realizzano affari illegali lucrosi protetti anche dal silenzio mediatico. I dati relativi al numero dei giornalisti minacciati esistono soltanto in Italia, esistono perché sono prodotte da Ossigeno con un monitoraggio basato sull’osservazione diretta del fenomeno. Perciò noi in Italia possiamo dire come si sviluppa, anno dopo anno, la lotta all’impunità per questi reati: quando accelera e quando rallenta, come è avvenuto nell’anno in corso”. Lo ha detto il direttore di Ossigeno per l’informazione, Alberto Spampinato, introducendo i lavori del convegno su questo tema che si è svolto al Senato il 25 ottobre 2019.
I dati di Ossigeno sui quasi 4000 giornalisti e blogger minacciati in Italia dal 2006 ad oggi sono stati raccolti e verificati, ha proseguito, con un “metodo scientifico” che si spera di applicare presto anche in Francia e Germania (“ci stiamo lavorando”) per mostrare con i fatti come non sia vero mostrare l’Italia come “la pecora nera” per le minacce ai giornalisti in Europa, come affermano le statistiche internazionali di Reporters Sans Frotieres e di altre organizzazioni che fanno queste graduatorie sulla base di opinioni e di percezioni.
“Negli ultimi anni, l’azione coerente di varie organizzazioni che hanno fatto leva sui dati di fatto esposti da Ossigeno ha aperto alcune crepe nel muro dell’impunità – ha aggiunto Spampinato – ma esse possono richiudersi se non ci sarà un ancor maggiore e più coerente impegno comune di tutti gli attori in campo, per dare risposta a tutti i problemi e non soltanto ad alcuni di essi. Ad esempio, anche se questo è importante per la loro sicurezza, non basta dare visibilità ai minacciati, affidando a loro stessi la narrazione dei fatti e l’indicazione dei rimedi. Bisogna preoccuparsi anche del fatto che molte notizie che li riguardano non raggiungono nemmeno le pagine dei giornali”, e spesso quando ciò accade, queste informazioni non sono contestualizzate con le cifre sul fenomeno. Nè basta dire che il Parlamento, che è stato finora “assolutamente assente”, deve abolire subito il carcere per diffamazione e creare un deterrente contro le querele pretestuose, ha concluso, “è urgente che anche il mondo della informazione faccia di più” e che si creino reti di solidarietà più robuste per aiutare chi subisce gli effetti intimidatori di una legislazione ingiusta e punitiva”.
LB
Luciana Borsatti
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