Processo Rocchelli. I pro e i contro emersi a Pavia
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L’accusa ha chiesto 17 anni di carcere per concorso in omicidio, la difesa chiede l’assoluzione con formula piena. Le tesi contrapposte
Questa cronaca di Giacomo Bertoni è stata prodotta da Ossigeno per l’informazione in collaborazione con La Provincia Pavese, Unione Nazionale Cronisti Italiani, Ordine Giornalisti Lombardia per integrare le cronache dei media con un resoconto oggettivo, puntuale ed esauriente dello svolgimento del processo in corso al Tribunale di Pavia in cui è imputato il presunto responsabile dell’uccisione del fotoreporter italiano Andrea Rocchelli e del giornalista russo Andrey Mironov. Questo testo è stato pubblicato sul sito web ossigeno.info ed è stato inviato a Vienna al Rappresentante per la Libertà dei Media dell’Osce, che segue con attenzione la vicenda. Leggi qui i precedenti articoli
La pubblica accusa ha chiesto la condanna dell’unico imputato, il miliziano italo ucraino Vitaly Markiv, detenuto, a diciassette anni di reclusione per concorso in omicidio, ritenendolo responsabile della morte del fotoreporter italiano Andrea Rocchelli, ucciso da colpi di arma da fuoco in Ucraina, il 24 maggio 2014. La difesa ha contestato le accuse e ha chiesto l’assoluzione con formula piena. Sarà la Corte d’Assise di Pavia a decidere sulla colpevolezza dell’imputato, con la sentenza attesa venerdì 12 luglio 2019, a conclusione del processo che ha avuto inizio a settembre del 2018.
La Corte deve stabilire se il fotoreporter italiano fu vittima di un deliberato attacco contro lui e altri giornalisti ritenuti testimoni scomodi, o di un puro incidente, di una terribile circostanza che ha trasformato in bersaglio un gruppo di cronisti che si trovarono nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Il processo per l’omicidio del fotoreporter Andy Rocchelli arriva alla battuta finale dopo un serrato duello dialettico che ha visto impegnati testimoni, pubblica accusa, difensori, parti civili. La sentenza sarà letta in una Sala dell’Annunciata che si prevede strapiena di pubblico e di giornalisti.
Al centro del processo la giornata del 24 maggio 2014. Quel giorno, alle 17, nel Donbass, iniziò un attacco armato nel quale rimasero uccisi il fotoreporter Rocchelli e l’attivista dei diritti umani Andrei Mironov.
Sono lontanissime tra loro la tesi accusatoria esposta nella requisitoria del Pm Andrea Zanoncelli e la tesi assolutoria esposta nelle arringhe degli avvocati della difesa, Raffaele Della Valle e Donatella Rapetti. Opposte le posizioni degli amici di Andy Rocchelli e quelle degli amici di Vitaly Markiv.
Secondo la requisitoria pronunciata il 24 maggio 2019 dal Pm Zanoncelli, l’attacco ai giornalisti Andy Rocchelli, Andrei Mironov e William Roguelon fu consapevole. «I giornalisti che giravano video e documentavano le violenze perpetrate contro la popolazione civile avevano rotto le scatole – ha detto il Pm –, per questo, quando Markiv ha avvistato l’auto, ritenendo che i giornalisti fossero dei testimoni scomodi, ha dato il via all’azione di fuoco». Il Pm ha anche inoltrato alla Corte d’Assise di Pavia un’autorizzazione a procedere per concorso in omicidio nei confronti di un ufficiale della Guardia nazionale ucraina, il diretto superiore di Markiv.
L’avvocato Alessandra Ballerini, difensore di parte civile dei familiari di Andrea Rocchelli, ha chiesto 1,8 milioni di euro di risarcimento per l’uccisione del fotoreporter di Pavia: 500 mila per la madre di Andy, 500 mila per il padre e altri 800 mila per la compagna del fotoreporter ucciso. Per convincere i genitori di Andy Rocchelli a chiedere questa cifra, l’avvocato Ballerini ha discusso a lungo con loro. Venerdì 14 giugno 2019 lo ha messo bene in chiaro, durante il suo intervento in aula: «La famiglia di Andy non voleva alcun risarcimento, abbiamo avuto forti discussioni sull’argomento. Ora chiediamo che la sentenza restituisca alla famiglia la pace. Perché senza verità non può esserci pace. I familiari non hanno mai invocato punizioni, in questi anni, non hanno mai cercato vendetta. Hanno sempre cercato e chiesto la verità. La loro battaglia è condotta non solo per Andy, ma per tutti i giornalisti che operano in territori di guerra».
Uno scenario del tutto diverso è stato descritto venerdì 21 giugno, nella lunga arringa dell’avvocato Della Valle. In quasi cinque ore, Della Valle ha contestato punto per punto la requisitoria del Pm. Secondo l’avvocato, l’atteggiamento del Pm è stato “ipercritico”. «Si è scelto di vedere e sottolineare solo gli elementi utili alla condanna, mentre – ha detto l’avvocato – dati rilevanti sono stati omessi perché contrari alla tesi dell’accusa. Ci si è rinchiusi nel baluardo delle certezze, lavorando a senso unico. Credere nell’innocenza di Markiv non significa essere contro i familiari di Andrea Rocchelli, però significa rifiutare l’idea di trovare un colpevole a tutti i costi. Bisogna trovare ‘il colpevole’, non un colpevole».
L’avvocato ha ricostruito così l’attacco del 24 maggio 2014: «I giornalisti hanno camminato e scattato fotografie senza che accadesse nulla. Gli spari sono cominciati quando è comparso un quinto uomo, vestito con abiti civili, che poi li ha seguiti quando si sono rifugiati nel fosso. Il tassista che li ha portati sul luogo degli spari, che l’accusa ha deciso di non citare nel processo, racconta che durante la sparatoria Mironov spiegò che si trovavano sotto un fuoco incrociato e che avrebbero dovuto attendere la fine degli spari. In quel momento gli unici ucraini presenti si trovano a 1700 metri di distanza, sulla collina. Come potevano da quella distanza accorgersi che erano dei giornalisti? Impossibile vederli e riconoscerli, inutile sparare alla cieca con i mitragliatori a quella distanza». Sono attese centinaia di persone a Pavia venerdì 12, per questo la Presidente del Tribunale Annamaria Gatto ha scelto la Sala dell’Annunciata, un’ampia sala di proprietà della Provincia di Pavia, come luogo per la lettura della sentenza. La sala sarà presidiata dalle forze dell’ordine fin dal mattino presto. Per accedervi sarà necessario superare doppi controlli con metal detector.
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