Perché il vice premier Luigi Di Maio attacca i giornalisti
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Bisogna chiedersi se non sia una provocazione studiata a tavolino per ottenere dei vantaggi nella partita grossa ingaggiata con gli editori
Le proteste pubbliche per gli insulti generici e generalizzati rivolti il 10 novembre 2018 dal vice presidente del Consiglio Luigi Di Maio ai giornalisti italiani proseguono da giorni e sono destinate a durare e a estendersi, in mancanza di rettifiche e di scuse, e per effetto della benzina che Alessandro Di Battista sta versando sul fuoco della polemica.
Tanto per ricordarlo, il 10 novembre 2018 Di Maio ha così commentato l’assoluzione della sindaca di Roma, Virginia Raggi, dall’accusa di falso: “Il peggio in questa vicenda lo hanno dato la stragrande maggioranza di quelli che si autodefiniscono ancora giornalisti, ma che sono solo degli infimi sciacalli, che ogni giorno per due anni, con le loro ridicole insinuazioni, hanno provato a convincere il Movimento 5 Stelle a scaricare la Raggi”. Il giorno successivo, dopo le prime proteste, ha confermato le sue parole, senza nemmeno correggere gli errori di grammatica.
Ossigeno per l’Informazione si riconosce nelle reazioni indignate della FNSI e dell’Ordine dei Giornalisti e ha apprezzato l’invito del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a moderare i toni. Il Presidente ha ritenuto opportuno ricordare che l’informazione giornalistica e la libertà di stampa sono necessarie e utili proprio perché permettono di conoscere (anche a lui) le opinioni degli altri, anche le valutazioni più critiche. Raccomandazioni analoghe sono state avanzate dall’AgCom, l’autorità indipendente per le garanzie nelle comunicazioni.
Anche altre istituzioni hanno avvertito la necessità di ricordare questi principi che dovrebbero essere ovvi e scontati in ogni democrazia.
Il fatto che si siano pronunciate personalità come il Presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico e altri esponenti del Movimento di cui Di Maio è il capo politico, chiarisce il livello di scontro che sta toccando il dibattito pubblico.
E’ difficile credere che lo stesso Di Maio non si renda conto dell’effetto incendiario delle sue accuse. C’è perciò da chiedersi se non sia mosso da un intento provocatorio, dalla ricerca di una rivalsa o di un diversivo, che potrebbe consistere nel giocare contro i giornalisti una partita che in realtà dovrebbe giocare contro soggetti ben più potenti quali sono gli editori, puri e impuri. È più facile prendersela con i giornalisti. La categoria – lo sa anche Di Maio – è segnata dalle pesanti conseguenze di una crisi del sistema editoriale che si protrae da lunghi anni e che finora è stata interamente scaricata proprio sui giornalisti.
E’ il momento di vigilare severamente sui prossimi accadimenti, politici, sindacali, legislativi per impedire scelte che farebbero precipitare la crisi dell’informazione, a carico dei cittadini, non di una categoria di professionisti. ASP
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