Quando finiranno schermaglie fra vecchio e nuovo?
In Parlamento dormono da vent’anni le proposte per liberare l’informazione dal ricatto delle minacce e delle querele pretestuose
Alla Camera dei Deputati i giornalisti accreditati sono stati fatti allontanare d’autorità dai spazi che storicamente potevano frequentare per svolgere il loro lavoro.
A Pontida, il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha deriso pubblicamente i giornalisti che non gli sono mai piaciuti, facendone l’elenco.
Altri esponenti del governo e della maggioranza hanno sostituito le conferenze stampa con dichiarazioni unilaterali sui social. Da ultimo, il portavoce del presidente del Consiglio, Rocco Casalino, ha indirizzato a un giornalista del “Foglio” (e al suo giornale) una frase percepita come una plateale intimidazione ma subito declassata dall’autore a battuta di spirito, evidentemente di cattivo cattivo gusto.
Questi e altri episodi rivelano che c’è molto nervosismo nel “governo del cambiamento” , fra gli esponenti della maggioranza giallo verde e nel loro vasto entourage, e questo nervosismo si riversa sui giornali e sui giornalisti. Ovviamente su quelli che, com’è normale, non cantano le lodi del nuovo corso, ma fanno il contro canto.
Tutto ciò è tipico delle fasi di transizione politica e, del resto, il nervosismo è reciproco. Anche nel mondo dl giornalismo si verificano eccessi, faziosità, partigianerie (come le magliette rosse indossate in video da alcuni cronisti del servizio pubblico radiotelevisivo) che si possono giustificare (e solo in parte) soltanto con quel nervosismo e che il mal di stagione e che la pausa estiva non potrà avere più alcuna indulgenza.
Troppi, e troppo seri problemi battono alla porta per perdersi in battibecchi e vittimismi.
Prima delle elezioni abbiamo chiesto se anche questa legislatura, come le quattro precedenti, finirà senza cambiare la legge sulla diffamazione e altre leggi e regolamenti che tengono al guinzaglio la libertà di stampa e il diritto di critica e di espressione, che fanno girare la macchina della giustizia al contrario, che lasciano impuniti il 99 per cento degli autori di reati commessi contro i giornalisti allo scopo di imbavagliarli. Ecco, mentre il contatore delle minacce, delle intimidazioni, delle querele pretestuose, delle cause per danni immotivate continua a girare velocemente, sarebbe il caso di cominciare a rispondere a questa domanda, con i fatti.
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