8 Maggio. Trasparenza e libertà di informazione. L’intervento del Presidente del Senato
La sen. Alberti Casellati: “Dare Ossigeno a corretta informazione”. Ha auspicato una riforma di norme “datate” e “anacronistiche”
Ho voluto essere presente qui questa mattina per testimoniarvi la mia vicinanza e il mio sostegno istituzionale.
Pochi giorni fa, esattamente il 3 maggio, è stata celebrata la giornata mondiale della libertà di stampa, istituita 25 anni fa dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Una data simbolo, che Ossigeno per l’informazione e l’Agcom, con il patrocinio dell’Unesco e in collaborazione con l’Ordine dei giornalisti del Lazio, hanno voluto ricordare con questo importante convegno sulla libertà di informazione nello Stato di diritto.
Non ho mai dato eccessivo credito a quelle classifiche e a quei report che certificano o tentano di certificare il livello di libertà della stampa di un Paese. L’ultimo, di pochi giorni fa, colloca l’Italia al 46esimo posto nel mondo, in ascesa di sei posizioni rispetto all’anno precedente. È un esercizio che non mi appassiona, abituata come sono a confrontarmi con le esperienze concrete.
Testimonianze che anche oggi non mancheranno. Quelle di giornalisti e giornaliste coraggiose, che per aver fatto bene il loro lavoro sono costretti a vivere sotto scorta. Giornalisti, come quelli presenti stamattina in sala, che hanno il ‘vizio’ di voler informare i lettori anche a costo di pagare in prima persona con le ritorsioni e le violenze di una spietata criminalità organizzata.
Penso alla storia di Paolo Borrometi, cronista coraggioso che rischia la vita ogni giorno per il suo impegno contro la mafia. Penso a Federica Angeli, che ha fatto luce con la sua inchiesta sulle spietate associazioni a delinquere di stampo mafioso del litorale romano.
Per loro sono attivi sistemi di protezione efficaci, con esponenti delle Forze dell’Ordine altrettanto coraggiosi. Ma ciò che va incentivato, con l’azione concreta e con l’educazione alla legalità e alla verità, è la scorta cosiddetta civile, quella della silente maggioranza dei cittadini onesti e laboriosi che si schierano dalla parte giusta e fanno da argine al pericoloso isolamento che preoccupa e mette paura.
Un risveglio delle coscienze purtroppo legato spesso a drammatici fatti di sangue, come quello che, nel settembre del 1985, fece seguito al martirio di Giancarlo Siani in un agguato di camorra. Giancarlo aveva solo 26 anni, amava la vita, la verità e il suo mestiere. Non aveva ancora un contratto, era quello che si definisce un precario. Ma giornalisti si nasce, e lui lo era da sempre.
Una stampa più libera, più forte e meno condizionabile passa però anche attraverso la necessità, ormai ineludibile, di rinnovare la legislazione italiana in materia, nel solco degli ordinamenti e delle giurisprudenze internazionali.
In Italia abbiamo leggi datate e in qualche caso inutili. Facendo salvo il dettato costituzionale, che cristallizza un principio fondamentale attraverso l’articolo 21 – dedicato espressamente alla libertà di stampa – non vi è dubbio alcuno che la normativa vigente sconti il peso degli anni e l’incapacità di adesione del dato testuale alle trasformazioni di una realtà in continuo divenire. Non solo per quanto attiene all’informazione attraverso il web, ma anche per quella di tipo tradizionale.
Mi auguro che il Parlamento affronti questo tema e produca in tempi rapidi i necessari interventi legislativi ormai non più rinviabili.
Così come, pur essendo convinta che la libertà di stampa non può in alcun modo essere libertà di diffamare, credo che sia arrivato il momento di armonizzare la normativa in materia. E’ chiaro che non può coesistere nel nostro ordinamento un disequilibrio tale per cui, in punto di diritto, si rischia una condanna maggiore per un reato di diffamazione a mezzo stampa piuttosto che per un omicidio colposo. È chiaro che in epoca di informazione digitale bisogna superare la vecchia e anacronistica impostazione basata anche sulle pene detentive, che ci sono costate appelli e richiami in ambito internazionale.
La stampa, però, per essere veramente libera ha l’obbligo di esercitare la sua funzione entro i limiti della deontologia professionale, attraverso una corretta valutazione della veridicità delle fonti, della fondatezza della notizia e del suo reale interesse pubblico, senza abbandonarsi al pregiudizio e alla ricerca spasmodica di un elemento, anche il più debole e inconsistente, che lo avvalori.
Un compito ancora più difficile nell’epoca dei Social, dove trovano terreno fertile e si rigenerano le cosiddette ‘fake news’, attraverso un meccanismo di auto riproduzione di false notizie che assurgono al rango di verità. Un fenomeno preoccupante, reso ancora più evidente dalla crisi dell’editoria tradizionale e della carta stampata in particolare.
Un’informazione libera è un’informazione vera. A questo obiettivo devono concorrere tutti: la classe politica, con adeguati interventi legislativi, ma anche l’Ordine professionale e ogni singolo giornalista che ne fa parte.
C’è bisogno di dare ossigeno alla corretta informazione e lo si potrà fare attraverso il sostegno a tanti giornalisti coraggiosi impegnati su vari fronti alla ricerca della verità, ma anche con l’equilibrio e il buon senso di chi sa che il miglior giornalismo è quello che resta fedele al racconto dei fatti e rifugge da ogni sensazionalismo.
Equilibrio e verità sono i due piatti di una stessa bilancia, rappresentati plasticamente dal logo dell’evento di oggi. Dove la penna, intrisa dell’inchiostro di un diritto fondamentale per ogni cittadino, fa da fulcro ai diversi pesi e contrappesi e concorre alla corretta formazione-informazione di ognuno di noi.
RDM ADB
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La riforma della legge 47/1948, attualmente in quarta lettura al Senato, è strettamente collegata agli omicidi che hanno come vittime i giornalisti. Indignarsi quando la mafia uccide è un esercizio fin troppo facile. Più impegnativo è cercare di mutare le condizioni che sono terreno fertile di tante tragedie. L’intervento della senatrice Casellati sembra aver colto questa necessità. Querele temerarie (e legge sull’oblio) non favoriscono infatti il radicarsi di una cultura che, restituendo dignità al lavoro giornalistico, è l’antidoto migliore agli omicidi. Una buona legge consente alle persone intellettualmente oneste di tornare a far bene il proprio lavoro, contribuendo a togliere dai pericoli dell’isolamento chi è maggiormente esposto. Giorgio Montolli (www.verona-in.it)