Il contributo di Ossigeno al Rapporto 2021 dell’UE sul rispetto dello Stato di diritto in Italia
Questo articolo è disponibile anche in:
Questo testo è stato consegnato agli esperti della Commissione Europea impegnati nella redazione del Rapporto annuale Rule of the law
OSSIGENO 24 gennaio 2022 – Le statistiche del 2021 confermano che l’Italia è il paese dell’Unione Europea nel quale ci sono più giornalisti minacciati e più giornalisti protetti con le armi dalle forze dell’ordine. In Italia, nel 2021, i giornalisti minacciati sono stati almeno 30 e quelli sotto scorta oltre 25. Non c’è paese europeo in cui il fenomeno delle intimidazioni e delle minacce ai giornalisti si sia manifestato con una estensione paragonabile a quella italiana.
Questo triste primato appartiene all’Italia da dieci anni. Non può essere contestato, essendo fondato su dati certi, forniti da fonti governative e non governative. L’associazione di volontariato non governativa “Ossigeno per l’informazione”, ritenuta attendibile dall’UNESCO, dal Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa e da altre organizzazioni internazionali e nazionali, nel 2021 ha documentato pubblicamente minacce contro 384 giornalisti vedi In Italia 384 giornalisti minacciati nel 2021. Ossigeno ha aggiornato i dati di dicembre
Dal 1 gennaio al 30 settembre dello stesso anno il Centro di documentazione sulle minacce ai giornalisti istituito presso il Ministero dell’Interno ne ha documentato 156. Mapping Media Freedom ne ha segnalato 76. La Piattaforma del Consiglio d’Europa ha pubblicato 8 alert su alcuni dei casi più gravi.
GIORNALISTI MINACCIATI IN ITALIA NEL 2021 |
|||
OSSERVATORIO |
MINACCIATI |
PERIODO |
LINK |
OSSIGENO PER L’INFORMAZIONE |
301 |
1 gen – 17 dic | https://www.ossigeno.info/giornalisti-301-minacciati-in-italia-nel-2021-il-24-donne-nuovo-record-in-lazio/ |
MINISTERO INTERNO |
156 |
1 gen – 30 set | https://www.interno.gov.it/it/stampa-e-comunicazione/dati-e-statistiche/atti-intimidatori-nei-confronti-dei-giornalisti |
MAPPING MEDIA FREEDOM per U.E: |
76 |
1 gen – 28 dic | Mapping Media Freedom – European Centre for Press and Media Freedom (ecpmf.eu) |
CONSIGLIO D’ EUROPA |
8 |
1 gen – 28 dic | Platform to promote the protection of journalism and safety of journalists (coe.int) |
Ossigeno ritiene che questa grande disparità di dati si spiega con il fatto che gli altri centri di osservazione impiegano meno osservatori di Ossigeno, e inoltre hanno un campo di osservazione più limitato in virtù della loro natura e della loro metodologia. Leggi Nel 2019 il Viminale ha segnalato 12 volte meno minacce ai giornalisti rispetto a Ossigeno
Per assicurare ai giornalisti minacciati di morte una protezione di comprovata efficacia l’Italia fa di più e meglio di altri paesi. Ma non fa abbastanza per proteggere quei giornalisti (la stragrande maggioranza di quelli che subiscono minacce) che, sebbene non rischino la vita, subiscono intimidazioni e minacce altamente condizionanti che limitano la possibilità di proseguire la loro attività, mettono in pericolo il loro reddito e il loro patrimonio personale e la sicurezza dei loro familiari. Le autorità italiane offrono protezione a molti di loro (circa duecento secondo gli aultimi dati resi pubblici) ma non in quantità e con modalità sufficienti per consentire a ognuno di loro di esercitare la libertà di espressione e il diritto di informazione.
L’insufficiente protezione dei giornalisti minacciati è uno dei problemi irrisolti che l’Italia si trascina da anni. Ma è soltanto uno dei problemi del mondo dell’informazione che in Italia attendono una miglior soluzione. E’ uno di quei gravi problemi che rivelano inadempienze degli obblighi dello stato di diritto, problemi che danneggiano non soltanto i giornalisti, ma tutti i cittadini interessati a conoscere attraverso i media i fatti e le circostanze di pubblico interesse.
L’elenco dei meriti e dei demeriti dell’Italia in questo campo, delle lacune ancora da colmare per impedire che attraverso abusi e violenze si possa imporre una censura arbitraria, la lista delle leggi e delle procedure da aggiornare o da abrogare, dei compiti spettanti a ciascuna delle parti in causa (Governo, Parlamento, partiti, sindacati, giornalisti, editori, accademie eccetera) è lunga. La Commissione per i diritti umani dell’ONU aggiorna questo elenco ogni quattro anni nell’ambito della UPR (Universal Periodic Review Universal Periodic Review – Wikipediahttps://en.wikipedia.org › wiki ). Un altro elenco, in gran parte coincidente, è stato compilato da tempo da Ossigeno per l’Informazione, raccogliendo le analisi basate sull’esperienza e le opinioni di testimoni ed esperti ed è noto a tutti. (leggi l’elenco del 2019 e lo studio “Molta mafia, poche notizie” .
Questi elenchi indicano le cose più necessarie da fare, ma non sono condivisi da tutti. Alcuni impegni sono ampiamente sottoscritti, ma soltanto a parole. Nei fatti nessuna delle azioni più utili e necessarie per migliorare la situazione viene eseguita compiutamente. In particolare, le autorità e i media non adottano le contromisure che sarebbero di loro competenza. Continuano a ignorarle o a rinviarle di anno in anno. Ciò permette una impunità superiore al 90 per cento. Ossigeno, insieme a UNESCO, ha approfondito questa tematica il 3 novembre 2021 a Siracusa con una tavola rotonda apprezzata dal Presidente della Repubblica con il conferimento di una Medaglia, alla quale hanno partecipato esperti di alta competenza di vari paesi. Guarda il video e leggi la sintesi dei principali interventi e altri documenti
In Italia la mancanza di interventi correttivi a sostegno del diritto di esercitare pienamente la libertà di espressione e di informazione consente uno status quo che ogni anno produce migliaia di nuove minacce, ritorsioni, intimidazioni e abusi incontrastati. Solo alcuni di essi configurano fattispecie di reato perseguibili. Gli altri riguardano gravi violazioni dell’articolo 10 della CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) che non perseguibili in base ai codici. Queste violazioni non perseguibili per via giudiziaria sono molto numerose. Comprendono l’abuso e la strumentalizzazione ad altri fini delle procedure giudiziarie previste per perseguire la diffamazione a mezzo stampa. Questi abusi, indicati in Italia con il termine di “querele pretestuose” e a livello internazionale come SLAPP (Strategic Litigation Against Public Partecipation) sono circa la metà del totale delle intimidazioni italiane e riguardano sia i processi penali che le cause civili ma, a differenza di altri paesi, il Italia la quota dei processi penali e circa 10 volte maggiore di quella delle cause civili. Ciò determina un effetto raggelante sulla libertà di informazione (chilling effect) enormemente superiore, perché in questo paese ogni denuncia penale presentata da un cittadino dà origine a un procedimento penale lungo e costoso. Ciò crea una vera e propria valanga che investe e travolge soprattutto i giornalisti investigativi, i cronisti che trattano le notizie più scomode per il potere, imponendo anche a chi è accusato falsamente, immotivatamente, con contestazioni infondate, di sostenere considerevoli costi di difesa legale che in molti casi restano a carico dell’accusato anche se il giudice lo dichiara non colpevole. Questa valanga mette a rischio la possibilità di proseguire l’attività giornalistica per chi (la maggioranza dei giornalisti italiani) non è assistito anche finanziariamente dall’ editore per i costi legali, mette a rischio l’esistenza dei giornali finanziariamente più deboli, soprattutto di quelli a diffusione locale, dissuade molti media e giornalisti dal trattare gli argomenti sgraditi a potenti e criminali che conducono le loro attività tenendo fuori dal raggio di copertura dei media il lato controverso e discutibile del proprio operato.
In Italia, l’inerzia delle autorità, delle istituzioni pubbliche, delle organizzazioni sociali, l’immobilismo che produce lo tsunami delle minacce impunite prevale, continua a prevalere, nonostante negli ultimi anni, sotto lo stimolo del monitoraggio continuativo delle intimidazioni e delle denunce pubbliche, sia cresciuta la consapevolezza di questi problemi, la conoscenza della loro natura, estensione e gravità e sia stato evidenziato il fatto che, nel rispetto degli obblighi positivi assunti con l’adesione ai Trattati europei, ogni stato di diritto è impegnato a risolvere questi problemi.
Nel 2021 l’Italia non ha fatto alcun passo significativo per aggiornare la legislazione sulla libertà di stampa e per rafforzare la sicurezza personale e patrimoniale dei giornalisti, per adeguare norme e tutele agli standard di sicurezza richiesti per garantire un ambiente in cui si possano esercitare la libertà di espressione e il diritto di informazione senza subire minacce e ritorsioni, per attuare pienamente lo stato di diritto anche in questa materia. Il 2021 è stato perciò un anno sprecato, come lo era stato, per le stesse inadempienze, anche il 2020.
E’ utile ricordare che oltre alle organizzazioni della società civile che difendono i diritti umani, anche le Nazioni Unite, l’OSCE, l’UE, il Consiglio d’Europa e altre organizzazioni internazionali richiamano da anni l’Italia a questi adempimenti attraverso Risoluzioni e Raccomandazioni che purtroppo sono ancora in attesa di adeguate risposte.
E, in particolare, sono tuttora irrisolti i seri problemi elencati in dettaglio da Ossigeno per l’Informazione nel precedente rapporto inviato a giugno del 2021 alla Commissione Europea per contribuire alla redazione del Rapporto 2020 sull’attuazione dello stato di diritto ( vedi il testo allegato che qui si richiama formalmente).
In estrema sintesi, questi problemi riguardano:
- la governance non indipendente della RAI, l’azienda che gestisce il servizio pubblico radiotelevisivo;
- il conflitto di interessi fra politica ed editoria; la crisi finanziaria dell’editoria locale; la bassa retribuzione e la precarietà dei rapporti di lavoro dei giornalisti;
- lo stato giuridico debole dei giornalisti;
- la loro esposizione senza filtri a migliaia di accuse di diffamazione pretestuose e di richieste di danni infondate;
- la configurazione penale della diffamazione a mezzo stampa che, combinandosi con l’obbligo di esercitare l’azione penale a fronte di ogni denuncia, e con il rifiuto di molti editori di sostenere le spese legali degli autori degli articoli da loro pubblicati, trasforma il diritto di querela in una potente arma punitiva;
- la lunga durata dei procedimenti giudiziari che acutizza l’effetto punitivo dei processi nati da accuse infondate;
- il fatto che il segreto professionale è riconosciuto ai giornalisti con limitazioni che di fatto lo vanificano;
- le azioni giudiziarie invasive (perquisizioni, sequestri di strumenti di lavoro e archivi, intercettazioni telefoniche);
- l’impunità quasi assoluta per chi minaccia, aggredisce, accusa pretestuosamente di diffamazione (o chiede danni senza fondato motivo) a giornali e giornalisti.
Nel 2021:
1. la pressione intimidatoria sui giornalisti è stata molto alta, sostanzialmente invariata rispetto agli anni precedenti .
2 il numero dei giornalisti che subiscono intimidazioni e ritorsioni con aggressioni fisiche , con abusi legali oppure ostacolando il loro accesso alle informazioni, rimane il più alto fra i paesi europei. Per quanto riguarda l’osservatorio Ossigeno, ogni anno questo numero è limitato soltanto dalla quantità di risorse umane e finanziarie disponibili per accertare in modo inequivocabile i fatti che accadono e la cui documentazione richiede un lavoro qualificato.
3. altissimo e invariato è stato anche il tasso di impunità , superiore al 90 % .
4. la falsa rappresentazione del fenomeno delle intimidazioni, che ne minimizza l’estensione e il danno sociale e vanifica la sollecitazione di più adeguate misure. Ciò è documentato dall’enorme disparità che c’è fra i dati (rigorosamente documentati) di questo osservatorio non governativo e i dati (molto più piccoli) pubblicati dagli altri centri di documentazione che osservano lo stesso fenomeno sullo stesso territorio per conto del Governo o di istituzioni internazionali
Sono elencati di seguito alcuni eventi del 2021 che confermano più di altri l’ andamento insoddisfacente già descritto .
Il chilling effect per il carcere ai colpevoli di informazione a mezzo stampa:
A giugno 2021 un’importante sentenza della Corte Costituzionale ha mitigato (ma non ha abolito del tutto) la norma penale che punisce con il carcere fino a sei anni i colpevoli di diffamazione a mezzo stampa: questa normativa continuerà pertanto a produrre un effetto raggelante sull’ intera categoria dei giornalisti. La stessa Corte, un anno prima, richiamando l’art. 10 della CEDU, aveva sollecitato il Parlamento a modificare più ampiamente la materia. Nel 2021 ha rinnovato l’invito. Il parlamento non ha fatto alcun passo in questa direzione. Alcune proposte di legge su questa materia attendono da decenni di essere approvati dal Parlamento.
Segreto professionale a tutela delle fonti riservate dei giornalisti :.
Nel 2021 il TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) del Lazio ha stabilito che le testate giornalistiche edite dalla RAI, l’ azienda incaricata del servizio pubblico radiotelevisivo, essendo questa società assimilata alla pubblica amministrazione, non possono avvalersi del segreto professionale consesso a editori e giornalisti. Pertanto la redazione del programma di inchiesta RAI Report ha dovuto consegnare nell’ambito di una causa per diffamazione una copia dei filmati non criptati utilizzati in alcune puntate in modo da mantenere l’anonimato di alcune persone. (Nel 2022 questa sentenza è stata ridimensionata dal Consiglio di Stato).
L’episodio rende ancora più evidente che è necessario modificare la normativa vigente, poiché riconosce il segreto professionale ai giornalisti con eccessivi limiti, come già stato evidenziato da Ossigeno nel precedente contributo al rapporto sullo stato di diritto.
Intercettazioni invasive.
Nel 2021 è emerso che la polizia giudiziaria ha effettuato a fine di indagine decine di intercettazioni telefoniche delle conversazioni di giornalisti impegnati per il loro lavoro a documentare il soccorso prestato ai migranti che attraversano il Canale di Sicilia con imbarcazioni di fortuna. Il caso e stato rivelato il 2 aprile 2021 dal giornalista Andrea Palladino.
Vigilanza RAI
Nel 2021 la CEDU ha accolto un ricorso dei Radicali contro gli atti della Commissione Parlamentare di Vigilanza sulla RAI Leggi Atti Commissione parlamentare di Vigilanza devono essere appellabili, dice la CEDU
Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito www.ossigeno.info
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!